La capacità di resistere alle tentazioni si sviluppa sin dalla più tenera età



Verso la fine degli anni ’60, all’Università di Stanford, lo psicologo Walter Mischel ha ideato uno degli esperimenti più famosi di sempre. Si tratta del test della gratificazione differita, più noto come marshmallow test, che valuta la capacità di posticipare una piccola gratificazione immediata per riceverne una più grande in un secondo momento. Il test si svolge grossomodo così: un bambino tra i tre e i sei anni riceve un dolce, come un biscotto o un marshmallow per l’appunto, e deve resistere per 15 minuti senza mangiarlo; se si trattiene riceverà un altro marshmallow. Lasciati soli, seduti al tavolo con l’invitante dolcetto sotto gli occhi, solo un terzo dei bambini riesce a resistere alla tentazione e può quindi avere accesso al secondo marshmallow. Il 75% dei bambini restanti dopo circa 5,72 minuti ha mangiato il dolcetto.           
Come documentato dalle registrazioni presenti su Internet (clicca qui per una breve esemplificazione), le strategie impiegate per resistere alla tentazione immediata sono diverse: c’è chi si tiene occupato giocherellando, chi allontana il piattino, chi rivolge lo sguardo altrove o si copre gli occhi, chi si limita a tastare, annusare o leccare il marshmallow.         
Quindi, ci sono bambini capaci di resistere seppur con difficoltà (come dimostrato dalla loro espressione sofferente), ed altri che invece non riescono a frenare l’impulso di mangiare il marshmallow che hanno davanti, cioè non riescono a tollerare la frustrazione di non poterlo mangiare subito, malgrado la prospettiva di poterne mangiare due qualora resistano.          
I primi (gli high-delayer) sono capaci di ritardare un piacere per ottenere un premio successivo, ma più gratificante (gratificazione differita), i secondi (low-delayers) optano per il soddisfacimento immediato del bisogno (gratificazione immediata). 
Il test ha inoltre rilevato differenze significative relative all’età; la capacità di resistere alla gratificazione immediata aumenta all’aumentare dell’età e sarebbe secondaria ad un progressivo sviluppo delle aree e dei circuiti cerebrali implicati nel controllo del comportamento.

Ma l’esperimento non si è semplicemente “limitato” alla constatazione di differenze individuali nella capacità di autocontrollarsi, di gestire gli impulsi e di tollerare la frustrazione.  Mischel non solo ha studiato le differenze individuali nella gratificazione differita, ma ne ha anche valutato le conseguenze nel tempo, sulla vita dei soggetti presi in esame. Gran parte dei 600 bambini del campione originale è stato sottoposto a studi di follow up, che proseguono ancora oggi. Diventati adolescenti, i bambini che all’epoca avevano saputo resistere alla tentazione di mangiare subito il dolcetto presentano risultati scolastici migliori, sono più sicuri di sé, in grado di pianificare il loro tempo, capaci di autocontrollarsi, di concentrarsi, di gestire lo stress, di tollerare meglio le frustrazioni e di riuscire a mantenere le amicizie, vengono inoltre considerati più responsabili dai genitori ed hanno probabilità inferiori di sviluppare problemi comportamentali.        
Il follow-up successivo ha riesaminato il campione quando i soggetti avevano raggiunto i 25-30 anni. Coloro che avevano resistito di più nel test del marshmallow avevano raggiunto i traguardi accademici più alti, erano stati capaci di realizzare obiettivi a lungo termine, di mantenere relazioni soddisfacenti, usavano meno droghe, avevano un indice di massa corporea più basso, presentavano inoltre maggiori capacità di adattamento e di gestione degli eventi negativi (resilienza).
Nel follow up più recente (2009) gli ex bambini, ormai quarantenni, sono stati sottoposti ad un esperimento analogo a quello del marshmallow e a procedure di imaging cerebrale. I risultati di questi ultimi studi hanno messo in evidenza una correlazione tra la capacità di posticipare da bambini una gratificazione e la capacità da adulti di inibire risposte automatiche e/o non lasciarsi distrarre da informazioni dell’ambiente non rilevanti (ad esempio premere più rapidamente e accuratamente possibile un bottone di fronte a un colore ed evitare di farlo di fronte a un altro). Chi aveva atteso il secondo dolce da piccolo se la cavava meglio con il test una volta adulto; la capacità di dominare gli impulsi è una caratteristica individuale relativamente stabile nel tempo.
Grazie alla risonanza magnetica funzionale sono stati individuati, inoltre, i correlati neurali implicati nel controllo degli impulsi: lo striato ventrale (un nucleo sottocorticale appartenente al sistema dei nuclei della base) e il giro frontale inferiore del lobo frontale. Lo striato ventrale è il centro del “circuito della ricompensa”, intercetta tutto ciò che dà piacere e che è coinvolto nel gioco d’azzardo patologico ed in tutte le dipendenze; il giro frontale inferiore invece è invece implicato nell’inibizione di comportamenti indesiderabili. Alla risonanza magnetica funzionale i soggetti che mostravano una prestazione peggiore in termini di autocontrollo mostravano un’attivazione esagerata dello striato ventrale ed un’attivazione insufficiente del giro frontale inferiore.    
Quale conclusione possiamo trarre da questo lungo esperimento? I bambini dotati di un maggiore autocontrollo, capaci di gestire cognitivamente gli impulsi, tendono ad avere più successo nella vita rispetto agli altri (l’autocontrollo è un indice predittivo di successo addirittura due volte più affidabile del QI!); del resto, è abbastanza evidente come l’incapacità di rinunciare ad un marshmallow subito a discapito della possibilità di averne due in un secondo momento sia analoga, ad esempio, alla tendenza dello studente a preferire l’immediato piacere di utilizzare i social o di vagare in rete senza una meta, piuttosto che studiare per un esame imminente.        
Questo importantissimo test è stato adattato anche per quei bambini non interessati al cibo e usando delle chip da poker al posto dei dolcetti; anche con tali adattamenti sono stati ottenuti i medesimi risultati.
Celeste Kidd (2013) ha mostrato inoltre come anche il contesto in cui cresce un bambino possa influenzare come si comporterà al test, e di conseguenza possa influenzare l’esito dei propri processi decisionali. I risultati dello studio hanno messo in evidenza come la decisione di aspettare una ricompensa maggiore piuttosto che riceverne rapidamente una minore sia fortemente influenzata dall’affidabilità dell’ambiente. Nello studio, i bambini in condizioni affidabili hanno aspettato molto più a lungo di quelli in condizioni inaffidabili, suggerendo che i tempi di attesa dei bambini riflettano convinzioni ragionate sul fatto che l’attesa alla fine ripaghi. Da questo punto di vista quindi, bambini che vivono in un contesto con pratiche educative non coerenti o incertezze, in cui è quindi difficile capire se e quando le promesse verranno mantenute, potrebbere decidere che aspettare (il secondo dolce) sia troppo rischioso.

Uno dei corollari di queste considerazioni è che possiamo aiutare i nostri figli ad avere successo nella vita insegnando loro l’autocontrollo, funzionale al perseguimento di obiettivi a lungo termine, al differimento della gratificazione e al controllo degli impulsi.   Come? Adottando pratiche educative coerenti, chiare e prevedibili.

Riproduzione Riservata © Copyright Dott.ssa Maria Irno

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Pubblicato da Dott.ssa Maria Irno, Psicologa

Valutazione, Diagnosi e Trattamento dell'età evolutiva e dell'adolescenza; Supporto alla Genitorialità; Potenziamento Cognitivo Doposcuola Specializzato.

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