Perché è così importante effettuare un’analisi della composizione corporea?


Come già accennato in un precedente articolo (https://mariairnopsicologa.com/2022/07/13/bia-acc-cose/) l’impedenziometria è una metodica non invasiva che consente di analizzare la composizione corporea, in pochi secondi, grazie alla rilevazione dell’impedenza, ovvero della “resistenza” opposta dall’organismo al passaggio di una corrente elettrica alternata di bassa frequenza.

I soggetti, che non sono ancora interessati a modificare il loro peso corporeo o a lavorare sulla loro forma fisica, si chiederanno perché è diventato, alla luce delle nuove conoscenze scientifiche, così importante acquisire dati circa la propria composizione corporea per raggiungere e mantenere l’equilibrio psicofisico.
Molti studi mettono in evidenza come anomalie nella composizione corporea si associano ad una riduzione della flessibilità fisica globale, con ricadute negative a carico dell’adattabilità ai cambiamenti. Ho deciso di proporre nel mio studio un intervento integrato, globale, che permetta di intervenire anche sulla composizione corporea per assicurare il raggiungimento del miglior benessere psico-fisico.

Soffermiamoci adesso, con delle semplici spiegazioni, sull’importanza di alcuni dei parametri indagati con la BIA-ACC per comprendere meglio le importanti informazioni che possiamo ottenere per stimare o accrescere il nostro benessere psico-fisico.
1) Il tessuto muscolare è un importante componente della massa magra. Avere una bassa % di muscoli, rispetto alla massa magra e rispetto al peso del corpo, si traduce in uno scarso livello energetico, scarso livello motivazionale, metabolismo basale basso e ridotta capacità di immagazzinare glucosio, sotto forma di glicogeno. Una bassa % di muscoli (condizione medica nota con il termine di sarcopenia) determina un consumo energetico minore e un conseguente progressivo accumulo di grasso. Ovvero, a fronte della riduzione della massa metabolicamente attiva, si assiste ad un progressivo accumulo di grasso, indipendentemente dal proprio introito calorico.
La qualità e la densità del muscolo è influenzata dall’età (invecchiando, si ha un fisiologico decadimento di tessuto muscolare), dall’attività motoria (che influenza a sua volta la qualità delle ossa perché stimola la formazione degli osteoblasti, utili alla prevenzione dell’osteoporosi) ma anche da una cattiva gestione dello stress, aspetto sarà trattato più in dettaglio in un prossimo articolo.
2) L’ acqua intracellulare, extracellulare e totale. Siamo composti del 70% circa di acqua, suddivisa in acqua intracellulare (ICW, circa il 60% dell’acqua totale), dolce, e in acqua extracellulare (ECW, circa il 40% dell’acqua totale), salata. Quando si altera questo rapporto, ovvero quando aumenta la % di acqua extracellulare, siamo in presenza di un corpo potenzialmente infiammato (mancata modulazione dell’asse HPA).
3) Il grasso viscerale è un organo endocrino e metabolico complesso. È un organo endocrino perché produce decine di sostanze, molte delle quali con un’azione pro-infiammatoria. È un organo con azione metabolica perché svolge azioni sul metabolismo. Influenza l’introito calorico, attraverso la produzione di leptina (l’ormone della sazietà) che segnala al cervello che l’organismo ha raggiunto un adeguato livello calorico. Un eccesso di grasso viscerale si associa, nel tempo e a qualsiasi età, a leptino-resistenza, nei termini di difficoltà da parte del cervello a leggere i segnali di sazietà segnalati del livello di leptina.
Il grasso viscerale ha un’azione sull’insulina (ormone ipoglicemizzante prodotto dalle cellule beta pancreatiche). Ovvero, il grasso viscerale determina un progressivo deterioramento delle cellule del fegato (steatosi epatica non alcolica) e delle cellule beta pancreatiche, attraverso la produzione di sostanze tossiche. Inoltre, l’aumento del grasso viscerale produce una condizione di insulino-resistenza, con difficoltà da parte del glucosio ad essere trasportato nelle cellule muscolari. Il glucosio, che non sarà speso dalle cellule muscolari, sarà reclutato dalle cellule adipose per produrre ulteriore grasso, privando il cervello del suo carburante preferito.
Tale condizione produrrà fame nervosa, condotte alimentari iperfagiche, ricerca di cibi ipercalorici (generalmente processati e quindi infiammanti e acidificanti) nel tentativo di reclutare risorse per assolvere al bisogno energetico cerebrale. Il cervello umano, pur pesando circa 1,4 kg (il 2% circa del peso totale) consuma il 30% dell’energia derivata dal cibo introdotto e trasformato in ATP (adenosina trifosfato) che è la sostanza che fa funzionare tutte le cellule del nostro organismo.
4) La cellula adiposa o adipocita (elemento fondamentale del grasso) accumula al suo interno, a seguito di abitudini alimentari disfunzionali, i trigliceridi, fino a scoppiare. A seguito della morte della cellula, le cellule spazzino (macrofagi) raggiungono la sede della cellula morta per eliminarla. Ma, i macrofagi confondono la cellula per residui di cellule batteriche intruse, attivando così la secrezione di citochine pro-infiammatorie (interleuchina (IL) 1, IL 6, TNFα (fattore di necrosi tumorale alfa). Tali citochine pro-infiammatorie raggiungono successivamente il cervello, costantemente informato su ciò che accade nel resto del corpo e possono interferire sui tipici processi cognitivi, determinando uno stato di neuro-infiammazione (se sei interessato all’argomento clicca qui).
La massa grassa, quindi, tenderà ad essere accumulata se il tessuto muscolare non è performante, se il corpo è infiammato (infiammazione sistemica), o se in presenza di una alterazione dei ritmi circadiani, come ad esempio nel caso di un sistema nervoso simpatico iperattivo cronicamente o/e in presenza di un sistema nervoso parasimpatico onnipresente.
5) L’osso è un tessuto connettivo mineralizzato che mostra quattro tipi di cellule: osteoblasti (cellule responsabili della formazione di matrice ossea); cellule del rivestimento osseo; osteoclasti (cellule deputate al riassorbimento della componente ossea) ed osteociti (cellule tipiche dell’osso maturo, responsabili del suo mantenimento ed anche capaci di avviarne il rimaneggiamento). L’osso esercita importanti funzioni nel corpo, come la locomozione, il supporto e la protezione dei tessuti molli, l’immagazzinamento di calcio e fosfato e la custodia del midollo osseo.
Il rimodellamento osseo è un processo altamente complesso mediante il quale il vecchio materiale osseo viene sostituito da nuovo osso, in un ciclo composto da tre fasi: (1) inizio del riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti; (2) il passaggio (o periodo di inversione) dal riassorbimento al nuovo osso formazione e (3) la formazione ossea da parte degli osteoblasti. Questo processo si verifica a causa delle azioni coordinate di osteoclasti, osteoblasti, osteociti e cellule del rivestimento osseo che insieme formano la struttura anatomica temporanea chiamata unità multicellulare di base (BMU). Il normale rimodellamento osseo è necessario per la guarigione della frattura e l’adattamento dello scheletro all’uso meccanico, nonché per l’omeostasi del calcio. D’altra parte, uno squilibrio del riassorbimento e della formazione dell’osso provoca diverse malattie ossee. Ad esempio, l’eccessivo riassorbimento da parte degli osteoclasti senza la corrispondente quantità di osso neoformato da parte degli osteoblasti, contribuisce alla perdita ossea e all’osteoporosi, mentre il contrario può provocare l’osteopetrosi (rara malattia caratterizzata da un aumento eccessivo della densità ossea, dovuta a cattivo funzionamento degli osteoclasti). Pertanto, l’equilibrio tra formazione ossea e riassorbimento è necessario e dipende dall’azione integrata di svariati fattori.

Il contenuto del presente documento è solo a scopo informativo e non è inteso per sostituire la consulenza medica professionale, la diagnosi o il trattamento, e non deve essere usato come standard di cura medica.

Riproduzione Riservata © Copyright Dott.ssa Maria Irno sotto la supervisione del Dr. Nicola Botta

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Esame BIA-ACC


La misurazione della composizione corporea con strumentazione BIA-ACC Biotekna premette il monitoraggio e la personalizzazione della nutrizione-clinica.

La BIA-ACC Biotekna analizza la composizione corporea, misura e riporta in un report, disponibile immediatamente dopo aver effettuato l’esame, un elevato numero di parametri utili, tra cui:

  • ALST Appendiculare Lean Soft Tissue
  • AT Tessuto adiposo
  • AT up 4 week, Accrescimento d’adipe stimato
  • Bbuffer
  • BCM Body Cell Mass
  • BD Densità corporea
  • BM Bone Minerals
  • Bone, Massa ossea
  • Cr-24h Creatinina urinaria
  • ECM massa extracellulare
  • ECMatrix Matrice extracellulare
  • ECW Acqua extracellulare
  • FFM Massa magra
  • FM Massa grassa
  • FM risk, Rischio biologico da massa grassa
  • FM up 4 week, Accrescimento di grasso stimato
  • Gly free Glicogeno libero
  • Gly Glicogeno
  • ICW Acqua intracellulare
  • Le: Lipidi essenziali
  • O-PRAL
  • PA Angolo di Fase
  • Ratio ECM/BCM
  • Ratio K/ICW
  • Ratio K/Mg
  • Skeletal Muscle FFM
  • SMI Skeletal Muscle Index
  • STM Minerali non ossei
  • TBCa Calcio totale
  • TBCl Cloro
  • TBK Potassio totale
  • TBMg Magnesio
  • TBNa Sodio totale
  • TBP Fosfati totali
  • TBprotein Proteine
  • TBW Acqua totale
  • TBW Acqua totoale
  • Visceral Organs

La strumentazione BIA-ACC Biotekna è un dispositivo medico diagnostico non invasivo conforme alla direttiva europea sugli apparecchi elettromedicali prodotto da Biotekna s.r.l. e registrato al Ministero della Salute classificazione nazionale dei dispositivi medici, come analizzatore di impedenza corporea CND: Z1209901.
Tutti i parametri testati sono connotati da una alta affidabilità del dato evidenzia un margine di errore pari a circa 1% del dato eruito dalla BIA-ACC Biotekna.

In allegato un facsimile del report disponibile in tempo reale una volta effettuato l’esame BIA-ACC

BIA-ACC : Cos’è?

Analisi Clinica della Composizione Corporea

La bioimpedenziometria (BIA) è un esame che permette di valutare, in modo veloce, non invasivo e senza effetti collaterali, la composizione corporea.

La BIA si basa sul principio che diverse tipologie di tessuto esprimano una conduttività elettrica specifica, tale da renderle riconoscibili. In particolare: il tessuto adiposo offre un’alta resistenza al passaggio elettrico, mentre il tessuto muscolare, notoriamente buon conduttore, una bassa resistenza.
Si assume che il corpo sia un conduttore isotropo cilindrico a sezione costante, la cui impedenza dipende dalla resistenza specifica dei tessuti. Tale impedenza, inoltre, è direttamente, proporzionale alla lunghezza del conduttore e inversamente proporzionale alla sua sezione (o diametro).

In base alla resistenza che una corrente elettrica alternata incontra nell’attraversare il corpo umano è possibile quindi determinare la composizione corporea, accanto a tanti altri valori e parametri interessanti.
L’impendenza è per l’appunto la resistenza che l’organismo oppone al passaggio di una corrente elettrica.

Perché è così importante effettuare un’analisi della composizione corporea? Ne parliamo più in dettaglio in quest’articolo (clicca QUI)


L’ESAME BIA NELLA PRATICA

• Si raccolgono, tramite questionari specifici, informazioni sullo stato di benessere psico-fisico del soggetto
• Il paziente viene fatto sdraiare su un lettino.
• Gli arti superiori e gli arti inferiori vengono posti distanti dal tronco
• Nei soggetti obesi è necessario porre un panno isolante tra le ascelle e tra le cosce.
• Le due coppie di elettrodi vengono posizionate sul dorso della mano e del piede omolaterale.
• L’esame dura 6 secondi

Al fine di ottenere informazioni ottimali sulla composizione corporea del paziente è necessario rispettare i seguenti requisiti ambientali e corporei:
• Durante l’esame (di pochi secondi) il soggetto non deve muoversi;
• La cute deve essere detersa con alcool etilico o isopropilico;
• La cute non deve essere fredda o calda. Nel primo caso l’impedenza aumenta e nel secondo caso diminuisce;
• L’ambiente deve essere ventilato o con bassa umidità relativa. La temperatura ambiente deve essere compresa tra i 24-27°C;
• Rimandare l’indagine in caso di stato febbrile o di forte disidratazione.


Attenzione: il presente esame diagnostico non può essere effettuato su soggetti portatori di pacemaker, soggetti con storia di epilessia o donne in stato di gravidanza

La bioimpedenziometria affianca la terapia con nutrizione clinica. La nutrizione clinica oltre a rappresentare un presidio per la terapia è anche uno strumento di prevenzione importante. Il trattamento in nutrizione clinica del paziente non si contrappone ne sostituisce le linee guida della medicina convenzionale. Al contrario la nutrizione clinica stabilisce con esse una virtuosa collaborazione e una straordinaria opportunità anche a livello di prevenzione.

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Prestazioni in Studio: Norme di Sicurezza


La dott.ssa Maria Irno, psicologa, specializzanda in Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale, effettua su appuntamento, presso il suo studio, sito in Roccapiemonte (SA), via della Libertà, n.° 29, le seguenti prestazioni:

* Valutazioni Neuropsicologiche
* Consulenze individuali e di Coppia
* Sostegno Psicologico
* Riabilitazione Integrata
* Potenziamento Cognitivo
* Supporto alla Genitorialità e Maternità

Nell’allegato le misure previste per garantire a tutti sicurezza e serenità.

Nuove Linee Guida sulla Gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

A 10 anni di distanza dal precedente documento di consenso, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha pubblicato la nuova Linea Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).
Allo scopo di migliorare e uniformare i protocolli diagnostici e riabilitativi sui DSA, la nuova Linea Guida ha aggiornato le precedenti raccomandazioni cliniche e ha formulato nuove raccomandazioni per quegli aspetti che precedentemente non erano stati indagati.
Tra questi, sono state fornite indicazioni più dettagliate rispetto al Disturbo di Comprensione della Lettura, questione rimasta irrisolta nelle precedenti Consensus Conference, ma tornata di attualità dopo la ridefinizione del Disturbo di Lettura (clicca QUI per un approfondimento) proposta nelle versioni più recenti dei sistemi di classificazione internazionale DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) e ICD (International Classification of Diseases).
Inoltre, sono state prodotte raccomandazioni per la valutazione e la diagnosi di DSA negli studenti bilingui, e per la valutazione e la diagnosi dei DSA adulti.
Sono stati definiti anche nuovi criteri e procedure diagnostiche rispetto alla Disgrafia e al Disturbo del Calcolo (clicca QUI per un approfondimento), criteri che erano rimasti poco definiti nelle precedenti Consensus Conference.
Sono state poi formulate, infine, nuove raccomandazioni per l’individuazione precoce dei DSA (clicca QUI per un approfondimento) ed aggiornate e chiarite le indicazioni relative al trattamento.

Le nuove raccomandazioni contribuiranno a migliorare e uniformare i protocolli diagnostici e riabilitativi e saranno un importante punto di riferimento per la comunità dei clinici per affrontare le problematiche cliniche delle persone con DSA.

Nei prossimi articoli saranno specificate in dettaglio le novità e i chiarimenti introdotti dalle nuove Linee Guida. Clicca qui, nel frattempo, se sei interessato a consularle

Autoregolazione e Controllo degli Impulsi: l’alimentazione come potentissimo alleato

In un precedente articolo (clicca QUI, se sei interessato) abbiamo già parlato di controllo degli impulsi e di quanto esistano delle differenze individuali nella capacità di autoregolarsi e tollerare le frustrazioni. La capacità di posticipare una piccola ricompensa immediata per ottenerne una maggiore in un secondo momento predice i traguardi accademici, la realizzazione di obiettivi a lungo termine, la capacità di mantenere relazioni soddisfacenti, oltre che predire la capacità di adattamento e di gestione degli eventi negativi (resilienza), in adolescenza e in età adulta.     

Uno studio recente (Darcey et al., 2019) ha messo in evidenza come il controllo degli impulsi possa essere fortemente influenzato dalle abitudini alimentari, e in particolar modo dall’assunzione di omega-3 [acido eicosapentaenoico (EPA) + acido docosaesaenoico (DHA)]. Gli omega-3 sono acidi grassi polinsaturi a catena lunga, essenziali; in quanto tali (essenziali) possono essere assimilati solo attraverso la dieta.


In questo studio gli autori (Darcey et al., 2019) hanno studiato, in un campione trasversale di adolescenti in via di sviluppo tipico, la relazione tra l’assunzione di acidi grassi a catena lunga (omega-3) e i livelli di attivazione della corteccia prefrontale (PFC), durante un compito che implica il controllo degli impulsi (Go/No-Go), inteso nei termini di una risposta motoria automatica. 

Molti studi in passato hanno messo in evidenza come la PFC si differenzi dalle altre regioni cerebrali per la presenza massiccia di acido docosaesaenoico (DHA) a livello delle sue membrane neuronali (Bradbury, 2011). Il DHA è un acido grasso che si accumula rapidamente nella PFC sin dalla nascita, con un piccolo aumento del suo contenuto dopo la seconda decade di vita (Carver et al., 2001) suggerendo che gli anni dell’adolescenza fanno parte di un periodo cruciale per garantire un adeguato accumulo di DHA nella PFC. Il DHA svolge un ruolo chiave per lo sviluppo; promuove, infatti, la fluidità della membrana e l’interazione delle proteine ​​incorporate (Stillwell e Wassall, 2003), è implicata nella segnalazione neuronale ed ha una importante funzione anti-infiammatoria (Mitchell et al., 1998 ; McNamara e Carlson, 2006). Le concentrazioni di DHA sembrano, inoltre, essere associate a una maggiore dimensione neuronale (Ahmad et al ., 2002), a un’aumentata densità della colonna vertebrale dendritica e quindi formazione di nuove sinapsi (Wurtman et al., 2009), e sembrano facilitare la potatura corticale (de Velasco et al., 2012). Bassi livelli di acidi grassi omega-3 nella dieta riducono l’incorporazione di DHA nelle membrane sinaptiche (Hulbert et al., 2005), che può essere dannoso per le funzioni espletate dalla PFC e per il controllo inibitorio sulla durata della vita.     
Negli adulti, la presenza degli acidi grassi omega-3 è associata a un maggiore spessore e a un maggior volume della corteccia cingolata anteriore (ACC) (Zamroziewicz et al., 2015;  Conklin et al., 2007a ). Nei bambini, invece, i livelli di DHA nel sangue risultano correlati all’attività della PFC in compiti di attenzione sostenuta, attività che migliora con l’integrazione alimentare (McNamara et al., 2010).  Altri studi hanno messo in evidenza come un basso apporto di fonti alimentari di acidi grassi omega-3 produca comportamenti impulsivi nei modelli animali ( Levant et al., 2010 ) ed è associato a comportamenti esternalizzanti nei bambini ( Gispert-llaurado et al., 2016 ).       
Presi insieme, questi studi suggeriscono che gli acidi grassi omega-3 sono  importanti per la struttura e la funzione prefrontale.

Nel presente studio ci si aspettava che una maggiore assunzione di omega-3 fosse associata ad una migliore esecuzione del compito. Ovvero, ci si aspettava che livelli più elevati di omega-3 fossero associati ad una minore attività della PFC (ovvero, maggiore efficienza) e ad una maggiore capacità di inibire le risposte preponderanti. Gli autori, inoltre, si aspettavano che livelli più elevati di omega-3 fossero associati ad un migliore comportamento inibitorio, così come valutato dai genitori.
L’assunzione di omega-3 è stata misurata attraverso un questionario per monitorare le abitudini alimentari, in termini di frequenza di assunzione e porzioni di 152 prodotti alimentari, consumati negli ultimi 12 mesi; da cui è stato calcolato un indice omega-3, aggiustato per l’energia. 
La capacità di controllare gli impulsi (autoregolazione) è stata valutata: 1) attraverso un questionario somministrato ai genitori (sottoscala BRIEF Inhibit) e; 2) misurando le prestazioni dei soggetti ad un’attività Go/No-Go, eseguita durante una  risonanza magnetica funzionale (fMRI).      

Dai risultati delle analisi statistiche è emerso che una maggiore assunzione di omega-3 si associa ad una migliore capacità di inibire il comportamento impulsivo, come valutato dai genitori (s = -0,257, p =0,017; n = 86). Nello studio è stata, inoltre, riscontrata una significativa relazione inversa tra l’indice omega-3, aggiustato per l’energia, e il livello di attivazione a carico della dACC (corteccia cingolata anteriore dorsale). Dalle fMRI è emerso, infatti, che gli adolescenti con una minore assunzione di omega-3, a parità delle prestazioni dei coetanei che assumono più omega-3, mostrano un’iperattivazione a carico della dACC; presumibilmente, tale maggiore attivazione riflette uno sforzo cognitivo superiore per ottenere prestazioni comportamentali similari, o anche di un possibile ritardo nello sviluppo corticale a carico di quest’area.   
Probabilmente tutto questo è legato al ruolo degli omega-3 nel trasporto e nell’utilizzo del glucosio a livello corticale (Ximenes da Silva et al., 2002 ; Pifferi et al., 2005). Di quest’ultimo aspetto parleremo in maggior dettaglio in un prossimo articolo. Il ruolo importante svolto dagli omega-3 è confermato anche in altri studi; un quantitativo inferiore di omega-3 si associa a disfunzione metabolica nell’ACC (McNamara et al., 2013). Inoltre, in uno studio di qualche anno fa (Liso Navarro et al., 2014) l’integrazione di omega-3 ha determinato una maggiore efficienza frontocorticale, in un modello di roditori ADHD.  
Pertanto, è possibile che, negli adolescenti con un indice omega-3 più basso, si assiste a livelli di metabolismo insufficienti o ci sia un livello di attivazione maggiore, a causa dello sforzo maggiore richiesto per svolgere il compito, indicando potenzialmente una diminuzione dell’efficienza. È possibile inoltre che gli adolescenti con un indice omega-3 più basso abbiano una maggiore attività nell’ACC poiché assunzione ridotta di DHA ritarda e riduce la “fisiologica” potatura delle connessioni assonali superflue (de Velasco et al., 2012), in base a quanto sostenuto già molto tempo fa da Berl e colleghi (2006) .  Pertanto, l’inefficienza del metabolismo e/o la potatura corticale alterata potrebbero contribuire alla maggiore attività a carico dell’ACC, che compensa la minore assunzione di acidi grassi omega-3 a catena lunga.

La PFC esercita un controllo dall’alto verso il basso (top-down) sul comportamento e la ACC è presumibilmente coinvolta, tra le molte altre funzioni cognitive, anche nel monitoraggio delle prestazioni in situazioni in cui la possibilità di errore è alta (Carter et al., 1998) o dove è necessaria una maggiore vigilanza perché sono possibili risposte contrastanti (Brown e Braver, 2005). In effetti, negli adulti, impegnarsi in un’attività Go/No-Go recluta un network di regioni, tra cui la dACC (Ogg et al., 2008).  Inoltre, l’attivazione della dACC durante l’elaborazione degli errori è direttamente proporzionale ai miglioramenti che si riscontrano in merito alla capacità di controllare gli impulsi nel corso dell’infanzia ( Ordaz et al., 2013 ).

Contrariamente alle ipotesi di partenza dei ricercatori (Darcey et al., 2019), la capacità di inibire le risposte automatiche nel compito Go/No-Go non correla con i livelli di omega-3 assunti. Da questo punto di vista, secondo gli autori, è possibile che un’attività semplice[1] in un ambiente di laboratorio, sia una misura più circoscritta nel controllo inibitorio effettivo tipico dei contesti reali. È anche possibile che l’esiguità del campione ( n = 87) non abbia permesso di rilevare l’associazione tra assunzione di omega-3 e inibizione della risposta, aspetto evidenziato in uno studio precedente  (van der Wurff et al., 2016).

 
Per concludere, i risultati attuali suggeriscono quindi che gli acidi grassi omega-3 a catena lunga possono essere particolarmente rilevanti per la funzione della corteccia prefrontale mediale, in particolare la regione dorsale della corteccia cingolata anteriore.
Da questo punto di vista l’alimentazione e le abitudini alimentari, che si apprendono sin dai primissimi anni di vita, rappresentano un preziosissimo strumento al servizio dello sviluppo cerebrale, morfologico e funzionale, oltre ad avere un importantissimo impatto sulla prevenzione di esiti potenzialmente disadattivi.


[1] Il compito dello studio consisteva nella presentazione rapida (200 ms) di lettere dell’alfabeto; immediatamente dopo la presentazione di ciascuna lettera bisogna premere un pulsante tenuto nella mano destra (prove “GO”) eccetto che per la lettera “Q” (prove “No-Go”). Gli errori di commistione, o fasi allarmi, (premere il pulsante quanto compare la lettera Q) ci forniscono indicazioni rispetto a difficoltà nell’inibire una risposta automatica quando non appropriata (Riccio et al., 2002).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Darcey, V. L., McQuaid, G. A., Fishbein, D. H., VanMeter, J. W. (2019) Dietary Long-Chain Omega-3 Fatty Acids Are Related to Impulse Control and Anterior Cingulate Function in Adolescents. Frontiers in Neuroscience. doi: 10.3389/fnins.2018.01012.       

Comunicazione di Servizio

📌

A partire da domani, domenica 15 novembre 2020, anche la Campania diventa “zona rossa”. Sarà quindi vietato qualsiasi spostamento, anche all’interno del proprio Comune, in qualsiasi orario, salvo che per motivi di lavoro, necessità e salute.           

Le professioni sanitarie (codice ATECO 86), presenti nell’Allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020, non sono soggette alla chiusura. Tuttavia, per il bene di tutti, saranno limitate le attività in sede, ridotti i nuovi ingressi e favoriti, ove possibile, le prestazioni a distanza.     

Ricordo ancora una volta di informarmi nel caso in cui abbiate avuto contatti con persone positive al Covid (esito tampone positivo) o ne abbiate il sospetto (in attesa di tampone). È molto importante affinché io possa tutelare la salute di tutti! Naturalmente sarà assicurato l’anonimato e la privacy di ciascuno.

QUI di seguito le misure che saranno previste per garantire a tutti sicurezza e serenità.

Legge 170/2010: Buon Deciversario

Nell’immagine un diagramma che descrive schematicamente l’iter previsto per la presa in carico degli studenti con diagnosi di DSA, tratto da AiutoDIslessia (http://www.aiutodislessia.net/wordpress/wp-content/uploads/2013/11/PERCORSO-DSA-PDP.png)

Oggi, 8 ottobre del 2010, la Legge 170/2010compie 10 anni. Essa rappresenta un importantissimo capitolo in tema in inclusione scolastica, al fine di garantire il diritto all’istruzione e  favorire il successo scolastico di tutti quegli studenti che, a fronte di un’intelligenza adeguata, risentono di difficoltà in uno o più apprendimenti scolastici, difficoltà in grado di “attirare” (soprattutto in passato) etichette quali: pigro, svogliato, poco attento, sfaticato, ecc… 
Citando l’art.1, la presente Legge nasceva  per:      
a) garantire il diritto all’istruzione;            
b) favorire il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;  
c) ridurre i disagi relazionali ed emozionali;       
d) adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti;
e) preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
f) favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;    
g) incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;  
h) assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale.

È a partire da tale Legge che si riconosce la necessità di attuare, per i soggetti con diagnosi di DSA, un Piano Didattico Personalizzato (P.D.P.) e l’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, accanto a strumenti compensativi e misure dispensative, il tutto finalizzato a sostenere le opportunità e le potenzialità di ciascun studente.   

Nel mondo della scuola, da allora, molte cose sono cambiate, per fortuna, troppo spesso infatti i ragazzi con DSA tendono ad essere visti come diversi, ad essere messi da parte o rischiano di essere esposti a reiterate esperienze scolastiche negative e fallimentari che nel complesso, influenzano non solo quelle che potrebbero essere le successive scelte scolastiche e lavorative, ma anche il concetto di autostima e autoefficacia percepita, finendo per influenzare in modo indelebile il resto dello sviluppo, della crescita e della vita del soggetto.

Clicca QUI per leggere o scaricare la Legge 170/10 (Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico), pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale il 18 Ottobre 2010   

Difficoltà nella lettura di lettere simili

Quando i bambini iniziano a imparare a leggere e scrivere, la confusione tra lettere simili, come la b e la d, o la p e la q, è comune. Alcuni bambini possono avere difficoltà a ricordare in che modo sono scritte tali lettere o possono utilizzarle in una maniera invertita.
Il processo di apprendimento delle abilità di letto-scrittura, a livello cognitivo, può essere davvero faticoso.
Non mi credi?… Immagina di essere un bambino alle prese con i primi apprendimenti. Pian piano inizi a comprendere che ad ogni suono (fonema) corrisponde una specifica forma o aspetto grafico (grafema) e che per ogni lettera esistono ben quattro modi diversi di rappresentarla: stampato maiuscolo e minuscolo, corsivo maiuscolo e minuscolo. Nel frattempo stai sviluppando le abilità di decodifica del linguaggio scritto (associare le lettere scritte ad un suono) e le abilità motorie necessarie per impugnare bene la penna; coordinare occhio, mano e polso per gestire bene il tratto.

A seguito della mia esperienza come tutor dell’apprendimento e psicologa impegnata nel potenziamento di bambini/ragazzi con difficoltà scolastiche, ho deciso di condividere con voi un “trucchetto” per favorire in maniera persistente l’apprendimento, e quindi la lettura e scrittura, di queste lettere così simili in termini percettivi.     


È possibile rappresentare le lettere b, d, p e q chiudendo i pugni e tirando su i pollici (per le lettere b e d) oppure portandoli verso il basso (per le lettere p e q). Per aiutare i vostri bambini o studenti a memorizzare (e ricordare) la direzione e posizione assunta dal pollice a seconda di ciascuna lettera possiamo servirsi dell’ordine che tali lettere hanno nell’alfabeto; partendo da sinistra verso destra, per quanto riguarda la coppia b e d, viene prima la b (la cui forma è rappresentata dalla mano di sinistra) e poi la lettera d (la cui forma è rappresentata dalla mano di destra). Vale lo stesso anche per le lettere p e q; partendo da sinistra verso destra, nella coppia p e q viene prima la p (la cui forma è rappresentata dalla mano di sinistra) e poi la lettera q (la cui forma è rappresentata dalla mano di destra).

Con questa strategia è possibile non solo cogliere in un colpo d’occhio la differenza grafica tra le lettere, ma diventa molto più semplice richiamare in memoria le forme corrispondenti, in caso di dubbio.  

QUI puoi scaricare (ed eventualmente stampare e plastificare) il supporto visivo per aiutare i più piccoli a memorizzare e a ricordare la differenza tra queste lettere dall’aspetto così simile.

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