DSA: certificazioni in aumento

Le difficoltà più o meno specifiche negli apprendimenti scolastici (che spesso transitano in una diagnosi di DSA)  negli ultimi anni sono in crescente aumento; stando al report pubblicato dal Miur , in merito all’anno scolastico  2017/2018, le diagnosi certificate di DSA sono state 276.1099 che, su una popolazione studentesca di 8.582.920, corrisponde al 3,2% della popolazione scolastica. Confrontando le statistiche riportate dal Miur negli anno precedenti, si assiste ad un incremento costante; a partire all’a.s 2014/2015 è stato rilevato un aumento delle diagnosi certificate pari allo 0,4%, nell’ultimo anno invece l’incremento è stato dello 0,3%.        

Ma si tratta davvero sempre di disturbi? L’aumento delle diagnosi riflette, almeno in parte, una maggiore conoscenza e attenzione sul problema, al punto da fare emergere ciò che fino a qualche anno fa era sommerso. Al contempo, è estremamente importante non confondere un disturbo da una difficoltà negli apprendimenti scolastici.       

Secondo gli psicologi Tressoldi e Vio (2008), ciò che più di tutto aiuta a distinguere un disturbo da una difficoltà è la resistenza al cambiamento. Per verificare la presenza di una resistenza all’insegnamento è opportuno attivare, dopo una prima fase di insegnamento uguale per tutti gli studenti, una seconda fase di potenziamento, in cui le proposte didattiche sono personalizzate sui bisogni specifici dell’alunno. Se i risultati a fronte di questo periodo non sono soddisfacenti si può parlare di resistenza al cambiamento legata, probabilmente, alla presenza di un disturbo.  
Un altro aspetto che ci aiuta a distinguere tra difficoltà e disturbo è dato dalla misura dell’automatizzazione di alcuni processi legati all’apprendimento della lettura, scrittura e delle abilità numeriche e calcolo. Dal primo anno della scuola primaria in poi si assiste, generalmente, ad una naturale progressione delle abilità di letto-scrittura; ad esempio, in merito alla lettura di un brano, i dati italiani indicano un’ incremento di mezza sillaba al secondo per ciascun anno scolastico, almeno fino al terzo anno della scuola secondaria di primo grado. In merito alla scrittura, invece, la progressione è di circa 10 grafemi all’anno. Nei ragazzi con dislessia invece, la velocità di lettura aumenta ad un ritmo “dimezzato”. Questo “ritardo” è un segno della resistenza all’automatizzazione.    

Quindi, è fondamentale l’attuazione di una prima fase di potenziamento e personalizzazione delle proposte didattiche; se in seguito a tali adattamenti didattici non si assiste ad un miglioramento o cambiamento sarà poi necessario richiedere un intervento diagnostico e specialistico per accertare la presenza del disturbo. Ciò è quanto indicato dall’Accordo sancito fra Stato e Regioni nel luglio 2012 in merito alle “Indicazioni per la diagnosi e la certificazione dei Disturbi specifici di apprendimento (DSA)” : «… il percorso diagnostico deve essere attivato solo dopo la messa in atto da parte della scuola degli interventi educativo-didattici previsti dall’articolo 3, comma 2, della legge 170/2010…».    

Per distinguere correttamente un disturbo da una difficoltà , e per formulare quindi una diagnosi corretta, è necessario osservare e valutare la resistenza al trattamento. In presenza di difficoltà non specifiche, con strategie di insegnamento corrette e mirate, si assiste generalmente ad un miglioramento significativo delle capacità del bambino. Nel disturbo, invece, gli apprendimenti scolastici continuano a non essere adeguati, in base a quanto atteso per età e scolarità.  
Ad ogni modo, prima della fine della 2° elementare (per le abilità di lettura e scrittura) e della fine della 3° elementare (per le abilità numeriche e di calcolo) non è possibile fare una diagnosi [per maggiori informazioni sui tempi e sulle modalità diagnostiche, clicca QUI]; qualora a questa età, il problema dovesse mantenersi stabile, allora si potrà sottoporre il bambino ad un iter diagnostico e procedere a formulare una diagnosi. Nel caso in cui, al contrario, si dovesse procedere direttamente alla diagnosi senza aver prima provato a potenziare le capacità del bambino, o averlo affiancato durante il suo sviluppo cognitivo, si corre il rischio di confondere una difficoltà con un disturbo e quindi di avere un falso positivo.

Insomma, spesso, la causa reale delle difficoltà negli apprendimenti è l’immaturità del bambino: spesso il bambino non è ancora pronto perché non ha raggiunto i prerequisiti necessari per avvicinarsi alla letto-scrittura.        
Quello che purtroppo sembra stia succedendo è che nel dubbio tra difficoltà e disturbo, si sceglie di certificare il disturbo, per non correre rischi; perché è più facile gestire in classe un bambino con certificazione che educare un bambino che magari ha tempi più lunghi degli altri e ha bisogno quindi di un’attenzione particolare da parte dell’insegnante; anche i genitori inoltre si sentono tranquillizzati: finalmente pensano di aver capito come mai il figlio non va bene a scuola.

Questo eccesso di medicalizzazione può però essere paragonato alla moda degli anni ’70 di togliere le tonsille e all’abuso di antibiotici. Queste due pratiche non solo non si sono dimostrate utili, ma addirittura dannose. Anche una diagnosi certificata non giustificata può infatti provocare seri danni, con il rischio di limitare le effettive opportunità di apprendimento dello studente.
Invece delle certificazioni sarebbe più utile una didattica che rispetti i ritmi del bambino. Se un alunno fa fatica a leggere, sarebbe il caso di aspettare, dargli tempo e rispettarlo (evitando per esempio di farlo leggere ad alta voce in classe davanti a tutti). Ma per questo non ci vuole una certificazione. 

Spesso inoltre la diagnosi rischia di costituire un ostacolo ulteriore per lo studente, soprattutto se ci troviamo in presenza di un falso positivo (ovvero in presenza di uno studente che presenta delle difficoltà negli apprendimenti riconducibili ad altro e non ad una condizione di DSA). In base a quanto emerge da una recentissima indagine condotta in Gran Bretagna, da Gibbs (2019) gli insegnanti adottano meno strategie di aiuto nei confronti dei bambini certificati rispetto a quelli  senza certificazione ma con difficoltà negli apprendimenti. La diagnosi certificata sembrerebbe attivare tutta una serie di credenze nell’insegnante, in merito alle difficoltà biologiche ed immodificabili dello studente, tali da influenzare le sue aspettative e di conseguenza anche l’approccio assunto nei confronti dello studente destinato ad un nefasto destino perché DSA. Gli insegnanti, stando a questo studio, si sentirebbero meno in grado di gestire ed aiutare effettivamente i propri studenti. Come conclude Gibbs alla fine del suo studio, questi risultati mettono in evidenza come le etichette diagnostiche riducono l’efficacia percepita negli insegnanti nel poter effettivamente aiutare i propri studenti. Di conseguenza, “bollare” un bambino potrebbe essere in ultima analisi inutile, se non dannoso, per il suo sviluppo psico-fisico e benessere complessivo.   

Si ricorda infine che la diagnosi certificata e la successiva messa in atto, nel contesto scolastico, di una didattica individualizzata e personalizzata (attraverso la predisposizione di un PDP) deve essere associata ad un adeguato intervento abilitativo e/o di potenziamento cognitivo al fine di promuovere e sviluppare le aree deficitarie (lettura, scrittura e calcolo) e rendere il bambino/ragazzo maggiormente autonomo, indipendente ed efficace negli apprendimenti e nelle prestazioni scolastiche.

In un prossimo articolo saranno affrontati alcuni fattori che possono influenzare gli apprendimenti scolastici, in base a quanto emerso dalla recente letteratura scientifica in materia.

Riproduzione Riservata © Copyright Dott.ssa Maria Irno

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

Simon Gibbs, S., Jens F. Beckmann, J. F.,   Elliott, J., Metsäpelto, R-L., Vehkakoski T., & Aro M. (2019). What’s in a name: the effect of category labels on teachers’ beliefs. European Journal of Special Needs Education.

Tressoldi, P. E, & Vio, C. (2008). È proprio così difficile distinguere difficoltà da disturbo di apprendimento? Dislessia, 5(2),139-147. Erickson : Trento.

https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuola-pubblicati-i-dati-sugli-alunni-con-disturbi-specifici-dell-apprendimento.

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Pubblicato da Dott.ssa Maria Irno, Psicologa

Valutazione, Diagnosi e Trattamento dell'età evolutiva e dell'adolescenza; Supporto alla Genitorialità; Potenziamento Cognitivo Doposcuola Specializzato.

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