
Le risorse attentive, tutte, rappresentano il carburante di un’ulteriore componente, superordinata, più recentemente ipotizzata: il Sistema Attenzionale Supervisore (Supervisory Attentional Sistem, SAS; Shallice, 2002), sovrapponibile al Sistema Esecutivo teorizzato da Baddley (1986) e al Processore Centrale di Moschovitch e Umiltà (1990).
Il SAS ha il ruolo di coordinare il funzionamento di sistemi (o moduli) gerarchicamente inferiori implicati ciascuno nell’elaborazione di un tipo specifico di materiale (i sistemi schiave di cui è composta la memoria di lavoro di Baddeley teorizzata nel 2003). In questo modo, è possibile allocare una quota maggiore di risorse attentive ai processi ritenuti più rilevanti in un dato momento.
Per comprendere il concetto di modulo dobbiamo risalire alla teoria modulare di Fodor (1983). Essa si basa su tre principi fondamentali: prima di tutto, ciascun modulo è specificamente implicato nell’elaborazione delle informazioni di una determinata tipologia, inoltre, le informazioni sono incapsulate, nel senso che non esiste uno scambio di informazioni tra moduli e sistemi centrali e, per finire, l’uscita dal modulo non è cosciente. In seguito Shallice (1988), ritenendo troppo specifici e limitanti gli assunti di Fodor, riprende la teoria di Marr (1982) per sottolineare come, per quanto i moduli siano sottosistemi isolabili e dissociabili, interagiscono tra loro. Più tardi la Karmiloff-Smith (1992) sottolineerà l’intervento dell’ambiente nei processi di “modularizzazione “(specializzazione).
Gli sviluppi modulari rigidi e indifferenziati sono stati in seguito rivisti nella teoria gerarchica di Moscovitch e Umiltà (1990), secondo cui è possibile suddividere i moduli in tre classi:
1) al primo gruppo (moduli di primo tipo) appartengono gli atti motori elementari e semplici come i riflessi e la percezione delle caratteristiche;
2) i moduli di secondo tipo sono formati dai moduli di primo tipo assemblati tra loro su base innata, come le abilità linguistiche, il riconoscimento degli oggetti e gli schemi motori;
3) al terzo gruppo (moduli di terzo tipo) appartengono moduli di primo e secondo tipo assemblati fra loro grazie all’esperienza, alla volontà e alle risorse attentive, ovvero gli apprendimenti e le abilità motorie complesse.
Inspirandosi alla teoria modulare di Moscovitch e Umiltà (1990) e di Shallice (1986) in seguito Benso (2007) elaborerà il Modello del Continuum. Tale modello sottolinea il collegamento implicito ma continuo nel tempo tra modulo e sistemi centrali. Il Sistema Attentivo Esecutivo (SAS) nelle sue multicomponenti è parte integrante per la formazione e lo sviluppo dei sistemi modulari (apprendimenti). I moduli, infatti, per quanto possano raggiungere un certo grado di autonomia non saranno mai del tutto autonomi (Benso et al., 2013) : in situazioni nuove, difficili o in condizioni di forte emotività, il SAS interviene anche sui moduli iper-appresi. Quindi, l’efficienza di un modulo dipenderà non solo dall’integrità e dalla completa formazione del modulo stesso, ma anche dall’integrità del SAS, oltre che dall’integrità dei collegamenti tra moduli e SAS. Un SAS poco debole non permette il pieno apprendimento di certi moduli e quindi di certi apprendimenti, così come non può supportare a pieno il modulo in situazioni inaspettate o cognitivamente complesse. D’altra parte un modulo già degradato perifericamente può far risalire la debolezza ai sistemi centrali a lui dedicati. Di consequenza, per un apprendimento adeguato saranno necessarie l’attenzione esecutiva e un apporto modulare integro (E.Benso, 2011).
Sul piano dello sviluppo delle abilità possiamo quindi dire che gli apprendimenti complessi (la lettura, la scrittura, il calcolo), non saranno mai pienamente automatizzati, ma necessiteranno di essere ripresi e sostenuti dalle risorse. Una volta che la lettura ha raggiunto un’efficiente automatizzazione (è divenuta cioè veloce e corretta, e non necessita più di grandi risorse per attuarsi) avrà sempre bisogno di un certo allenamento: se ci si fermasse del tutto, per anni, si rischierebbe, paradossalmente, un analfabetismo di ritorno (questo è quanto avviene anche per i pianisti che smettono di suonare per alcuni anni, all’inizio non riusciranno più a muoversi con la stessa praticità).
In generale si pensa che più intervenga il SAS, più le situazioni della nostra vita possono essere sotto controllo, ben pianificate e in sicurezza, e in generale è così, ma ci sono delle eccezioni: se il SAS interviene nel momento sbagliato può portare a esisti negativi; il sistema emotivo, infatti, può inserire o disinserire al momento non opportuno il SAS.
Bambini molto emozionabili falliscono spesso nelle prove di gestione delle interferenze (interrogazioni). Training cognitivi che rinforzano il sistema di controllo possono migliorare la gestione dell’emozione (Posner, Rothbart & Rueda, 2003). L’emotività positiva amplifica le risorse e migliora le prestazioni, mentre l’emotività negativa, oltre a deprimere i sistemi centrali può sia inserire il SAS nei momenti dove è utile il semplice automatismo (ad esempio ipercontrollo motorio nel dritto al tennis), sia disinserire il SAS nei momenti che necessitano di attenzione e consapevolezza, lasciando l’individuo in balìa degli impulsi più primitivi: l’attacco, la fuga, o l’immobilizzazione (scena muta ad un’interrogazione).
Qualche aspetto problematico del Sistema Attentivo Esecutivo lo troviamo sempre nei disturbi di apprendimento dunque possono correre in incidenti e blocchi emotivi; le stesse risorse attentive sono condizionate dalle emozioni, positive o negative, e dalla quantità di motivazione esercitata.
Il SAS ha il compito di sostenere l’attenzione protraendo nel tempo la concentrazione di risorse su un compito. La buona notizia è che le risorse attentive, così come lo stesso SAS sono allenabili attraverso adeguati training cognitivi tarati sul singolo.
Questo spiega perché l’intervento sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento si basa non son esclusivamente sull’abilità deficitaria (e quindi lettura, scrittura e calcolo), attraverso attività incentrate sul compito, ma prevede anche attività di potenziamento delle funzioni esecutive, attività di processo.
Nell’immagine la teoria gerarchica di Moscovitch e Umiltà (1990), tratto da E.Benso, 2011