
Numerosi studi confermano il ruolo svolto dalla qualità della dieta e delle abitudini alimentari sul rendimento scolastico. I comportamenti alimentari sono di grande interesse a causa del significativo impatto sullo sviluppo fisico, mentale e cognitivo che si verifica durante l’infanzia e l’adolescenza e che si traduce nel più alto fabbisogno di nutrienti rispetto a qualsiasi altro momento del ciclo di vita (Gómez-Pintilla, 2008).
Vale la pena precisare che il rendimento scolastico è influenzato da un’ampia gamma di fattori, tra cui il genere e le caratteristiche della famiglia, come lo stato socio-economico, il livello di istruzione dei genitori e l’atteggiamento complessivo nei confronti della scuola (Sirin, 2005). Altri aspetti che possono influenzare il rendimento accademico sono le caratteristiche individuali proprie dello studente, come la motivazione e l’attitudine, e le caratteristiche dell’ambiente di apprendimento, come la qualità degli insegnanti e le risorse scolastiche (per una trattazione più esaustiva, cfr. Burrows et al., 2017b).
Molti altri studi hanno messo in evidenza come anche l’attività fisica e un sonno adeguato possono migliorare il funzionamento cognitivo, e quindi il rendimento scolastico; di questi ultimi due aspetti se ne parlerà in un prossimo articolo.
Recentemente, Burrows e colleghi (2017a) hanno confrontato gli studi disponibili in merito alla relazione tra alimentazione e rendimento degli studenti universitari (collage); dei 7 studi inclusi, ben 5 confermano l’esistenza di una relazione tra dieta e rendimento accademico. Nello stesso anno Burrows e collaboratori (2017b), confrontano i risultati di oltre 40 studi che indagano il rapporto tra alimentazione e rendimento scolastico in studenti in età scolare (dai 5 ai 18 anni), giungendo alle medesime conclusioni.
Nello specifico, prestazioni accademiche migliori sono associate a: consumo regolare della colazione, assunzione di frutta e verdura, minore assunzione di cibi ad alto carico glicemico e poveri di nutrienti (i così detti “cibi spazzatura“, ci sarà un motivo se sono chiamati così), accanto a un minor consumo di bevande zuccherate.
Le abitudini alimentari sembrano influenzare il rendimento scolastico, principalmente per i micronutrienti contenuti nei cibi che hanno ruoli essenziali nello sviluppo e nel funzionamento del cervello. I micronutrienti che più comunemente sembrano essere in grado di migliorare positivamente le prestazioni accademiche sono l’acido folico, il ferro, la vitamina B12 e la riboflavina o vitamina B2, (Hulett, 2014) e lo zinco (Ghioni et al., 2011). Un ruolo particolarmente importante ed indispensabile è svolto dagli omega 3 (Sørensen, et al., 2015).
Qui di seguito una serie di corrette abitudini a tavola per favorire attenzione, memoria, apprendimento e, quindi, per migliorare il rendimento scolastico.
1) Mai saltare la colazione
La colazione rappresenta il pasto più importante della giornata. Al risveglio, l’organismo è reduce da un digiuno prolungato di 10-12 ore di sonno, è importantissimo quindi rifornirsi di “carburante” per affrontare al meglio sin da subito la giornata. È importante precisare che il cervello per funzionare utilizza prevalentemente il glucosio (C6H1206) circolante nel sangue inoltre e che necessita di un enorme quantitativo di carburante: i neuroni (le cellule nervose) bruciano infatti circa il 20% delle calorie ingerite e il 30% del glucosio presente nell’organismo.
Numerose ricerche (Adolphus, et al., 2013; Burrows et al., 2017b, solo per citarne alcune) indicano come i bambini che fanno una colazione ricca e bilanciata sono più attenti e bravi in classe, mentre quelli che la saltano hanno difficoltà a seguire le attività didattiche, sono più pigri e distratti. Come iniziare, allora, la giornata con il piede giusto? Serve un mix di zuccheri semplici, che danno la carica immediata, e zuccheri complessi, cioè a lento rilascio.
Clicca Qui per scaricare il PDF che contiene alcuni esempi di colazione
2) Attenti ai cibi dolci e pieni di zucchero
Per assicurare al cervello il giusto, costante apporto d’energia bisognerebbe evitare i picchi glicemici. Ci sono alimenti, come dolci, bevande zuccherate, cereali raffinati, farine bianche, che provocano un’impennata della glicemia, seguita poco dopo, da un brusco calo. In sintesi, funziona così: quando la glicemia sale in fretta, il pancreas libera una grande quantità d’insulina che abbassa rapidamente il glucosio in circolo; naturalmente il glucosio in circolo non viene “cancellato”; si trasformerà in riserva energetica, in termini di trigliceridi, ovvero grassi nelle nelle cellule adipose, come di riserva di glicogeno nei muscoli e nel fegato. Contemporaneamente il calo glicemico manda il cervello in sofferenza e fa scattare il senso di fame, funzionale all’ottenimento di altro carburante. Mangiare quindi cibi ad alto carico glicemico (o anche solo ad alto potere dolcificante) provoca un rapido abbassamento glicemico, con conseguenti cadute attentive, perdita di concentrazione, sonnolenza (il classico abbiocco dopo una mangiata pesante – la sonnolenza post-prandiale) accanto ad un accumulo di grasso.
Molti studi (cfr. Verbernel, 2016, per una trattazione più approfondita) hanno inoltre messo in evidenza come una dose concentrata di zucchero fa salire di 10 volte il livello di adrenalina nel sangue, provocando ansia, irritabilità, iperattività o aggressività.
L’ideale è quindi preferire alimenti a “basso indice glicemico”, come pane e pasta integrali, cibi semplici e poco raffinati, frutta e verdura: così la glicemia sale piano, viene rilasciata poca insulina, e il cervello è ben nutrito per molte ore.
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3) No alle bevande zuccherate e ai succhi di frutta industriali
Anche i succhi di frutta e le bevande zuccherate contengono tantissimi zuccheri (si veda l’immagine e la didascalia descrittiva) e pochissime vitamine, anche perché, per garantire una maggiore conservazione, durante il processo di lavorazione devono subire un processo di pastorizzazione che, a causa del calore, distrugge quasi del tutto gli enzimi e le vitamine.

In questa immagine sotto ogni bibita una busta ripiena di zucchero ad indicare quanto ne contiene. Per fare un confronto corretto sulle quantità bisognerebbe prendere in esame le bibite con lo stesso formato e non confezioni tutte diverse. Ad ogni modo, i contenuti di zuccheri contenuti in ciascuna bibita sono i seguenti: che sono i seguenti:
Acqua: 0,0 gr per confezione; 0,0 per 100 ml
Latte e cioccolata: 11 gr per confezione; 5,5 per 100 ml
Multivit Ananas Kiwi e Arancio: 24 gr per confezione; 12 per 100 ml
Bevanda al gusto d’arancio: 27 gr per confezione; 13,5 per 100 ml
Red Bull: 27 gr per confezione; 11 per 100 ml
The Freddo al limone: 36 gr per confezione; 7,2 per 100 ml
Coca Cola: 39 gr per confezione; 10,6 per 100 ml
Da notare come bevande apparentemente innocue, come i succhi di frutta o quelle al gusto di frutta contengono ben più zuccheri della tanto attaccata Coca-Cola. Attenti quindi a ciò che fate bere ai vostri figli nell’intento di dissetarli.
4) Cinque pasti al dì
Le cellule cerebrali (i neuroni) pur consumando molto glucosio (circa il 30% del glucosio giornaliero introdotto) non possono immagazzinare energia; questo aspetto sarà trattato in maggiore dettaglio in un prossimo articolo. Quindi, nell’ottica di non lasciare i neuroni “a secco” di carburante, oltre ai tre pasti principali – colazione, pranzo e cena – per i bambini è irrinunciabile lo spuntino di metà mattina e di metà pomeriggio. Vanno bene un frutto, uno yogurt, un succo fatto in casa, una spremuta, … l’importante è che gli spuntini non siano mai troppo abbondanti e pesanti. Per digerire un cibo troppo complesso, lo stomaco, infatti, recluterebbe un quantitativo maggiore di sangue, sottraendolo al cervello.
5) Non dimenticare l’acqua
Anche la disidratazione può ridurre le capacità di apprendimento, oltre a provocare stanchezza, affaticamento e difficoltà di concentrazione. La riduzione del 2% del livello ottimale di idratazione è sufficiente a ridurre la funzionalità cerebrale, in termini di riduzione della trasmissione e conduzione dei segnali nervosi e trasporto delle sostanze neurotrofiche.
I livelli di idratazione sono inoltre funzionali a “diluire” sostanze potenzialmente tossiche o nocive (cioè infiammanti) che ingeriamo con l’alimentazione e/o che accumuliamo semplicemente nel corso della giornata, facilitandone la successiva eliminazione, attraverso le urine, il respiro e il sudore.
6) Sì ai cibi che contengono ferro
Gli studi in materia hanno confermato che il ferro non solo influenza le performance fisiche (perché serve a formare i globuli rossi e a trasportare l’ossigeno nel sangue), ma anche le performance cognitive. Un minimo deficit di questo minerale – senza spingersi fino ai livelli dell’anemia vera e propria – è sufficiente per diminuire la memoria, abbassare il quoziente intellettivo e compromettere le capacità di apprendimento.
Meglio, quindi, fare il pieno di ferro. Il 70% proviene dai vegetali: patate, carote, broccoli, pomodori, germe di grano, cereali, ma anche legumi e frutta secca. E poi, carne rossa, uova, fegato, pollame …. Un consiglio: una spruzzata di limone sul piatto aumenta fino al 20% l’assorbimento del ferro nell’organismo, grazie alla vitamina C e all’acido citrico.
7) Viva gli omega-3
Alti livelli di omega-3 sono associati a un maggior numero di sinapsi, cioè collegamenti cerebrali, e quindi a un miglior rendimento intellettivo. Tra gli altri benefici, permettono inoltre di ridurre il colesterolo nel sangue. Ne sono ricchi il pesce e i semi oleosi. In merito al consumo di pesce (ricco di omega-3 e fosforo) è bene seguire alcuni accorgimenti per ridurre al minimo il rischio di ingerire metalli pesanti e metil-mercurio, neurotossici, ovvero in grado di influenzare in maniera sensibile il funzionamento cerebrale. Bisognerebbe preferire pesci provenienti dagli oceani o dai mari polari (perché le acque sono meno sporche rispetto al Mediterraneo); pesci che nuotano a media profondità (perché meno a contatto con i metalli pesanti che precipitano sul fondo e con gli idrocarburi che galleggiano in superficie); evitare, infine, pesci di grossa taglia, perché accumulano più inquinanti, in favore di quelli di piccole e medie dimensioni.
Si ricorda inoltre che accanto a buone abitudini alimentari è fondamentale prevedere una dieta variegata e bilanciata. In questo modo l’organismo può “assemblarsi” da solo le sostanze di cui necessita e rifornirsi di quei “mattoncini” che possono essere assimilati solo ed esclusivamente attraverso l’alimentazione.
Le informazioni contenute in quest articolo hanno solo un valore informativo e non hanno la pretesa di sostituire il parere di un medico o una consulenza specialistica.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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*Verberne1, A. J. M., Korim, W. S., Sabetghadam. A., & Llewellyn-Smith, I. J. (2016). Adrenaline: insights into its metabolic roles in hypoglycaemia and diabetes Correspondence. British Journal of Pharmacology, 173: 1425-1437.